Dalle nuove finestre, il paesaggio sonoro Parte I – II – III

Ciclo scienze sociali ed umane: Coordinatrice Prof.ssa Elena Battaglini

Primo Master

“Dalle nuove finestre, il paesaggio sonoro”: conversazione tra Elena Battaglini e Federico Capitoni

Parti   I – II – III

Video con commenti dei Professori

MUSICA E CAMBIAMENTO
«Ho brutalmente misurato la trasformazione interiore che esigerà il cambiamento del nostro stile di vita in ciascun individuo. Chi potrà aiutarci meglio dell’arte e della musica?”

Da “ Ritorno a Salem” di HÉLÈNE GRIMAUD

 

 

 

 

 

 

Commenti 

DALLE NUOVE FINESTRE, IL PAESAGGIO SONORO PARTE I
Di Elena Battaglini

Lo spazio in cui viviamo, che si tratti della casa, magari piccola, in cui siamo confinati per questa emergenza, è anche il tempo che stiamo vivendo, il tempo del vissuto. Se il tempo e il luogo costituiscono parte integrale della nostra esistenza, sono anche la prospettiva attraverso cui guardiamo noi stessi e il mondo, noi stessi “nel” mondo. Tempo e spazio sono quindi anche le finestre, le prospettive da cui guardiamo dentro e fuori di noi: l’Altro, gli altri, le strade solitarie, nonché quelle militarizzate in tempi di Coronavirus.

Se ci pensiamo bene, tutte le immagini del tempo sono spaziali: È lontano il tempo in cui … Il tempo passa e scorre … Che lungo questo tempo … Il tempo è quindi anche spazio, ed è questa la grande lezione che ci consegna la teoria della relatività ristretta di Albert Einstein.
Prima di lui, l’idea di dilatazione del tempo era soltanto un effetto prospettico, creato dal moto relativo tra un osservatore e la cosa osservata. Non esisteva alcun cambiamento inerente alla realtà di un oggetto, ma soltanto una conseguenza dell’atto di misurazione. Osservata da questo punto di vista, la rivoluzione einsteiniana è una teoria dello sguardo: moltiplica i punti di vista, fondando il suo progetto sulla sincronicità del vedere.
Il tempo sospeso di questi giorni, negli spazi confinati delle nostre case sono un’occasione straordinaria per porci domande. Ponendoci le domanda dove siamo, qual’è il tempo in cui viviamo e, soprattutto, disponendoci alle loro implicazioni, dunque, mettiamo in discussione la stessa idea che abbiamo di noi stessi, aprendoci contemporaneamente al mondo, attraverso nuove finestre.
Parlare dunque di ‘paesaggi musicali’ (soundscapes) ci apre con tutti i nostri sensi – compreso l’udito – alle risonanze e alle sfide tra paesaggi esteriori (landscapes) e topografie interiori (mindscapes).

PAESAGGIO SONORO,
Una definizione di Federico Capitoni:

Il paesaggio sonoro (soundscape), è ciò che abitiamo con l’orecchio. Un campo acustico, un ambiente fatto di interazioni sonore che componiamo con il nostro ascolto attivo. Tutti i suoni che costituiscono l’ambiente in cui viviamo configurano il paesaggio sonoro, uno spazio che si percepisce attraverso l’udito.

 

Elena Battaglini

Dottore di ricerca in Sociologia dell’ambiente e del territorio, coordina l’Area di Ricerca ‘Economia Territoriale’ della Fondazione Di Vittorio della CGIL. E’ membro docente del Collegio Scientifico del Dottorato ‘Paesaggi della città contemporanea. Politiche, tecniche e Studi visuali’ dell’Università di Roma Tre. Ha svolto lectures e corsi di Master o di Dottorato, in quindici università italiane e internazionali, tra cui il Trinity College di Dublino e l’Università di Campinas in Brasile. Ha pubblicato più di cinquanta articoli, saggi e volumi, sia in Italia che all’estero (UK, USA, Brasile, Germania, Serbia, Polonia e Finlandia) in tema di innovazione, sviluppo e sostenibilità territoriale.

Dal 2013 al 2019 è stato il primo membro non-accademico ad essere eletto nel Consiglio Scientifico della sezione Territorio, dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS). Parla e comprende correttamente cinque diverse lingue oltre all’italiano.

Federico Capitoni

è nato a Roma nel 1980). Si è laureato sia in Scienze della Comunicazione sia in Filosofia all’Università di Roma “La Sapienza”, sempre facendo interagire i suoi studi accademici con la pratica musicale.

Giornalista professionista, è tra i critici musicali de la Repubblica e collabora a diverse pubblicazioni nazionali e internazionali. Autore, regista e conduttore radiofonico, lavora per Radio Rai ed è consulente musicale di Rai Cultura. Per la Radio Vaticana ha ideato e condotto il ciclo di trasmissioni Tra musica e filosofia.

Insegna Storia ed estetica della musica al conservatorio F. Torrefranca e Critica musicale al Master In Critica Giornalistica dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico.

Teacher di P4C (Philosophy for Children & Community), è attivo nelle pratiche filosofiche, particolarmente in quelle collettive.

È autore della drammaturgia e del libretto dell’opera-panettone in un atto Non è un paese per Veggy, messa in musica da Domenico Turi (2017).

Come scultore ha realizzato assieme a Stefa e Edoardo Maria Bellucci la scultura sonora interattiva Piano di curve sonore, esposta al «Macro» di Roma nel 2019.

Tra i suoi libri: Guida ai musicisti che rompono. Da Beethoven a Lady Gaga (2011); La verità che si sente. La musica come strumento di conoscenza (2013); La critica musicale (2015); In C – Opera aperta. Guida al capolavoro di Terry Riley (2016); Canone Boreale. 100 opere del ‘900 musicale (2018).

 

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2 risposte

  1. Raffaele Minelli ha detto:

    Il dialogo tra Elena Battaglini e Federico Capitoni ci apre effettivamente delle nuove finestre per leggere la realtà consegnando all’arte in particolare alla musica la chiave per questa avventura del pensiero.
    Affascinante è la musica dell’ambiente e con gli accostamenti puntuali a grandi opere sinfoniche.
    Intrigante il percorso che i nostri ci fanno fare per valutare se e quanto oggi sta accadendo favorirà il salto di paradigma dalle vigenti modalità di lettura delle relazioni basate su spazio, tempo e casualità, modalità che ci lega alle parole e al loro significato codificato, impedendoci di fare quel salto “quantistico” che ci aprirebbe a nuovi mondi.

    Ho però un solo dubbio: per quanto forte sia la spinta verso riflessioni sul “se” e sulle relazioni che l’isolamento di questi giorni di dominio del coronavirus induce per tutti, passata la “peste”, torneremo alle vecchie lenti?

    Lenti che ci costringeranno anch’essi a definire nuove gerarchie di valori, relazioni e politiche.

    Certamente saranno i visionari a leggere la complessità e ci prefigureranno percorsi nuovi.
    Compito loro però quello di “far toccare con mano”, cioè con fatti e progetti come il nuovo modo di vedere il mondo ci può condurre verso un nuovo sviluppo sociale ed economico.
    Ma qui ed ora già vedo fatti concreti nel metodo di lavoro e di progettazione sociale nei territori nella attività di Elena Battaglini.
    Infatti da sempre c’è presente la ricerca del genius loci e l’attivazione della generatività sociale, sviluppo territoriale partecipato.
    Raffaele Minelli

    • Raffaele Minelli ha detto:

      Replica di Elena Battaglini

      “Innanzitutto grazie per il lavoro straordinario che state facendo per stimolare il dibattito in una città meravigliosa che tuttavia, negli ultimi anni, si era culturalmente … diciamo così… assopita.

      Chiedi se, passato questo periodo, sia possibile per alcuni, persone o organizzazioni, ritornare ad indossare vecchie lenti: sì certo, i meccanismi di negazione, rimozione, alienazione, sublimazione o compagnia cantando… sono potenti anche in questi giorni.

      Tuttavia sono convinta che le persone o organizzazioni che scelgono queste strategie di sopravvivenza – sì sa: ciascuno fa quel che può – siano destinati a soccombere. Questa crisi, e lo abbiamo già detto, è un cambiamento 3, à la Bateson: chiama all’evoluzione o, prima o poi, destina all’estinzione”.

      Elena Battaglini

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