IL MARE DI ROMA DIMENTICATO – ALBERTO PANFILO

IL MARE DI ROMA DIMENTICATO

 

Il Mare è sempre stato una risorsa per l’uomo. Al mare si va a pesca, ci si rilassa nelle torride giornate d’estate al mare si fa sport, il mare è la strada su cui far camminare le barche, le navi e dove realizzare i luoghi di approdo.

Partendo da questo, la domanda è ma come mai Roma non si è mai accorta di avere una  tale risorsa, Roma non si è mai accorta di avere il Mare.

Roma ma non i Romani che sin dall’antichità avevano valorizzato questo territorio chiamato OSTIA dove realizzarono il loro porto.

 

E dire che il territorio è ricco di potenzialità. Oltre al mare, infatti, ad Ostia troviamo la bellissima pineta di Castelfusano con al suo interno la via Severiana in pietra di basalti e la villa di Plinio, due siti archeologici che insieme agli scavi di Ostia Antica (insieme a Pompei il sito archeologico più grande del pianeta di cui il 60% è ancora sepolto) danno un ulteriore motivo per valorizzare questo territorio.

Infine il borgo di Ostia Antica con la Chiesa del Peruzzi e il Magnifico Castello di Giulio II

Riassumendo:

  • La Spiaggia ed il Litorale – Sistema Ludico Ricettivo e Portuale
  • La pineta di Castelfusano – Sistema Ambientale
  • Gli scavi di Ostia Antica – Sistema Archeologico

Il tutto a meno di 10 km dall’Aeroporto Internazionale di Fiumicino e a circa 20 km dalla Capitale.

Ma è possibile che tutto questo non interessa? Che è marginale e che deve essere lasciato nelle mani dell’intraprenditoria improvvisata e aimè della malavita?

A queste domande la nuova amministrazione deve dare una risposta concreta valorizzando finalmente questo territorio ad alto potenziale attraverso la costituzione di un Sistema Ludico/Ambientale/Archeologico unico al mondo

Innanzitutto, è necessario rivedere l’industria del turismo spostandolo da una vocazione prettamente locale ad una Nazionale ed Internazionale. Da un parte va, quindi, completamente ripensata la modalità di gestione degli arenili (i cui gestori ad oggi basano ancora la maggior parte dei loro guadagni sulla rendita di posizione – affitto cabine-), arenili da gestire in chiave più moderna sulla falsa riga di quello che avviene sui litorali Romagnoli e Toscani; e dall’altra va ripensata tutta la fascia di congiungimento tra l’arenile e la città che ad oggi si pone di fatto come una barriera mentre dovrebbe essere riproposta con l’obiettivo di creare un cerniera tra la sabbia e l’edificato.

Su tutto il lungomare deve essere ripensata la viabilità (prediligendo quella sostenibile), il sistema dei parcheggi, il verde, gli spazi e le aree di ristoro e da dedicare al commercio, oltre che incentivare lo sviluppo e l’insediamento di attività ricettive ad oggi ridicole per una città balneare e che devono anche essere complementari alle visite dell’area archeologica (quindi anche nell’entro terra).

Discorso a parte merita poi lo sviluppo delle attrezzature da dedicare agli sport acquatici (Vela – Kite e wind surf, canoa, etc..) attraverso la creazione di poli dedicati con possibilità di rimessaggio adeguati ed organizzati, e la gestione del Porto Turistico e di tutta l’attività cantieristica attualmente svolta in modo disordinato lungo le sponde del Fiume Tevere.

Altro ambito di valorizzazione è poi la pineta di Castelfusano, molto frequentata a livello locale ma sconosciuta ai più e sottodimensionata di servizi, priva di adeguata sorveglianza, attività manutentiva e guide turistiche per l’organizzazione di visite guidate.

Insomma, un MARE di opportunità non utilizzate che potrebbero generare anche un MARE di occasioni di lavoro ai giovani del territorio e non solo.

Per tutto questo è necessario un Commissario con poteri speciali per lo sviluppo del Litorale Romano che pianifichi, realizzi e gestisca un progetto di risanamento e rilancio della città di OSTIA – Comune di ROMA

Alberto Panfilo


STORIE DI OSTIA

 

Ostia è nata dal sogno di riportare Roma sul mare, com’era stato quasi 2.000 anni prima. Ma quel sogno, alimentato da ingegneri e politici dopo l’unità d’Italia – e successivamente sbandierato dal regime fascista – si è realizzato solo in parte, e soprattutto grazie a migliaia di persone che hanno lavorato duro, per anni, per asciugare la palude.

È la storia dei lavoratori romagnoli che negli anni Ottanta dell’800 furono spinti a emigrare verso il Lazio, anche per disinnescare la rivolta sociale che stava scoppiando in Romagna, al grido di “pane e lavoro”.Ma è anche la storia dei prigionieri di guerra austriaci – della Prima Guerra Mondiale – in grandissima parte giovani, che verranno impiegati per costruire la linea ferroviaria Roma-Ostia, e che in tanti perderanno la vita. E poi la storia della costruzione della via del Mare, voluta da Mussolini in persona. E della Seconda Guerra Mondiale, con gli abitanti del Lido che a un certo punto vengono deportati perché i tedeschi temono che lo sbarco degli Alleati. E della ricostruzione nel dopoguerra.Quella che nel futuro sarà Ostia è, agli occhi dei visitatori di fine 800 una “zona è per lo più occupata da saline e paludi, infestate dalla malaria e da malattie sconosciute, che in precedenza, avevano sterminato circa duecento bufali”.

“L’inizio non è facile: il clima umido e le zone paludose fanno pensare a un luogo insalubre e di morte, a una trappola infernale”.

Quando più tardi l’ingegner Paolo Orlando, che diventerà anche assessore della Capitale, convince un gruppo di parlamentari a visitare la spiaggia su cui sorgerà Ostia, “ciò che si trovano di fronte, però, è una landa ancora deserta e malsana, disseminata di acquitrini e sterpaglie”.

Il 2 luglio 1915, finalmente il Comune di Roma conclude con la cooperativa dei ravennati un contratto di appalto per la costruzione di un lungomare, denominato via Della Marina. Due anni dopo è la volta della costruzione della linea ferroviaria: “Gli operai impegnati nei lavori sono prigionieri austriaci, catturati al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, tutti giovani: molti di loro non avranno modo di invecchiare…  Nell’aprile 1917 arrivano i primi cinquanta ragazzi; nei mesi successivi diventano cinquecento. A novembre sono tremila. La loro camicia, così come il sorriso sereno di che è scampato al fronte, appassisce… Nessuno tiene il conto di quanti perdono la vita: cessano di essere uomini e diventano croci di legno”.

A un certo punto, arriva il Fascismo, e “da questo momento in poi l’influenza del regime sul litorale romano sarà sempre più forte: Ostia è scelta per diventare il fiore all’occhiello dell’Italia che prova a risorgere dalle ceneri della Prima Guerra Mondiale”.

Il regime in realtà si è impossessato di un’idea non sua, raccoglie i frutti dei progetti del visionario Orlando e del lavoro di migliaia di persone che hanno bonificato il litorale.Il 19 novembre 1928, “alle nove e trenta, il capo del governo (cioè Mussolini)  taglia il nastro tricolore per l’apertura al traffico della via del Mare: mezz’ora dopo arriva a Ostia con la sua Alfa Romeo 1750”. Ma il duce scorrazza anche per Ostia in motoscafo: “Pieno di sé, il capo del governo ama farsi adulare guidando nel canale che sfocia nel mare, a contatto con gli altri pescatori”, e sul lungomare si gode i tramonti romantici con l’amante Claretta Petacci.

“Il prestigio di Ostia cresce per la continua e regolare presenza del capo del governo, che suggella l’importanza che il regime attribuisce al Lido come esempio della nuova Italia, nata dalla rivoluzione fascista”.

La “nuova Italia”, però, finisce in guerra, e  con la guerra il bluff del fascismo finisce. Ostia affronta la ricostruzione e cambia faccia, in realtà già dal 1943, quando ancora il fascismo non era caduto, col cambio del piano regolatore. Non è più destinata a essere la cittadina galante sul lungomare, con i viali circolari che uniscono giardini e architetture pregiate, ma è proiettata verso il quartiere-dormitorio, una città di media grandezza che però resta periferia di Roma.

 

Tratto dal libro “Ostia Dalla Bonifica alla ricostruzione” di Marco Severa

 

 

STORIE E LUOGHI DIMENTICATI DI OSTIA

Tratto dal sito di Rerum Romanarum

La storia dello Stabilimento Roma

Lo Stabilimento Roma era il più importante stabilimento balneare di Ostia.
Venne costruito nel 1924, fu minato dai Tedeschi e fatto saltare nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1943, e sorgeva lungo quello che oggi è Lungomare Paolo Toscanelli, nel Quartiere Lido di Ostia Levante.
Il 1918 erano iniziati, dopo i ritardi subiti a causa della guerra, i lavori per la ferrovia Roma Ostia da parte dell’ente SMIR (Sviluppo Marittimo e Industriale di Roma), istituito per gestire il porto di Ostia Nuova e la rete ferroviaria che la collegava con Roma.
Nel 1923 vista l’impossibilità della costruzione del porto marittimo, fu decisa la soppressione dello SMIR, le proprietà dell’ente passarono allo Stato ed il governo autorizzò la cessione gratuita al Comune di Roma.
Il nuovo concessionario della ferrovia Roma Ostia fu la Società Elettroferroviaria Italiana (SEFI), con cui fu stipulata la convenzione nel febbraio del 1924.

Manifesto della SEFI che pubblicizza la vicinanza di Ostia a Roma grazie alla nuova ferrovia, 1926

Contestualmente alla ultimazione della linea ferroviaria fu prevista dalla SEFI la costruzione di un grande stabilimento balneare, sull’arenile di levante, posto in asse con la Chiesa Regina Pacis, allora in costruzione, per incoraggiare la funzione turistica del Lido di Roma.
Il progetto fu affidato, nel 1924, al Professor Giovanni Battista Milani dell’Università di Roma, accademico di tendenze tradizionaliste.

Veduta prospettica dello stabilimento Roma, primo progetto di Giovanni Battista Milani, 1924

Egli elaborò un grandioso stabilimento costituito da due edifici, uno sul lungomare, l’altro su una rotonda nell’acqua, entrambi collegati da un lungo pontile.
In parte era ispirato, nello sviluppo sia sulla spiaggia che sul mare, a strutture ottocentesche e novecentesche, quali la rotonda della Jetéepromenade di Nizza e la rotonda a mare di Scheveningen in Olanda.
Lo stabilimento doveva chiamarsi “Roma è Vincitrice”, poi abbreviato in Roma, chiaro quindi era il riferimento alla passate glorie della Roma Antica.
Il Milani creò una incredibile fusione di stili e citazioni architettoniche, in una perfetta sintesi eclettica di tradizione e innovazione. I materiali utilizzati erano i più moderni: il cemento armato a vista per tutte le strutture, in tal modo venivano a crearsi effetti di colore con la capacità di fondersi “con la tinta bluastra del mare e del cielo, amalgamando il paesaggio e l’edificio in una natura sola”. Le architetture, così come le decorazioni pittoriche e le statue, erano invece influenzate soprattutto dall’arte romana dell’età imperiale.

Vista dello stabilimento Roma dal lungomare

Il fabbricato di terra era ispirato, inevitabilmente per la destinazione balneare del complesso, al Frigidarium delle Terme di Caracalla, di cui riprendeva la tripartizione in grandi arcate sul versante verso la città, e la grande sala interna.

Lo stabilimento Roma in costruzione nell’estate del 1924

Questo fu il primo edificio ad essere costruito nel 1924, quì il 10 agosto dello stesso anno fu offerto al capo del Governo Benito Mussolini, che aveva appena inaugurato la ferrovia Roma Ostia, un pranzo di gala organizzato dalla società SEFI, anche se l’edificio none era ancora ultimato.

La rotonda costruita alla fine del pontile nel 1925

Contemporaneamente vennero gettate le fondamenta del lungo pontile (62 m. e largo 6.5 m.), che terminava in una rotonda su palafitte realizzata nel 1925.
L’inaugurazione ufficiale avvenne il 21 aprile 1925, data in cui si festeggiò l’inizio dei primi servizi a trazione elettrica della ferrovia. Il 1 luglio 1925 lo stabilimento fu aperto al pubblico con un grande entusiasmo popolare, e la frequentazione assidua della ricca borghesia romana.

Primo progetto dell’edificio sulla rotonda a mare, con i padiglioni laterali, 1924

Sulla rotonda a mare fu progettato da Milani l’edificio del ristorante, di cui furono redatti due progetti, il primo più esteso con un edificio centrale a cupola, affiancato da due piccoli padiglioni di ispirazione termale, il secondo comprendente solo l’edificio a cupola.

Soprattutto nel primo progetto forte è il richiamo, nell’impianto strutturale, al padiglione liberty del Vestibolo d’onore che Raimondo D’Aronco realizzò per l’Esposizione Internazionale d’Arte Moderna di Torino nel 1902, da cui vengono ripresi i contrafforti che sostenevano la cupola e si incurvavano esternamente, per terminare su pilastri occupati da gruppi statuari.

La cupola invece traeva in Milani ispirazione dalle architetture bizantine come la Basilica di S. Sofia a Costantinopoli; le scale, le balaustre e le finestre erano di origine imperiale Romana.

Secondo progetto dell’edificio sulla rotonda a mare, 1924

Nel secondo progetto i corpi laterali furono aboliti e rimase soltanto l’edificio centrale a cupola, al culmine dei pilastri degli otto archi rampanti, che sostenevano il tamburo, vennero previste altrettante copie in marmo della Vittoria Alata, scoperta ad Ostia Antica nel 1907 e diventata presto il simbolo della nuova città.

L’edificio a cupola sulla rotonda in costruzione nel 1926

L’edificio fu costruito nel 1926 e terminato nel 1927, nello stupore generale, grande fu infatti l’apprezzamento per la particolarità della cupola, nella sua struttura ibrida e condensata di stili architettonici.

L’edificio in via di ultimazione, 1926

Nel 1928 la rotonda fu allargata e raggiunse delle dimensioni considerevoli, con i suoi 270 pali di cemento armato conficcati nel fondale sabbioso, era occupata dai tavoli del ristorante. La pianta era mistilinea, con il parapetto che assumeva un andamento prima concavo e poi convesso, di ispirazione barocca. Quattro grandi colonne doriche scanalate, che ospitavano delle vittorie alate di bronzo, furono sistemate accanto all’edificio centrale.

La rotonda a mare, con la sua linea barocca
La rotonda fu ingrandita permettendo di avere molto spazio intorno al ristorante

Nel complesso lo stabilimento occupava 1000 mq di spiaggia. Perpendicolarmente all’asse del pontile si sviluppavano, lungo la spiaggia i 400 camerini di legno, al termine dei quali partivano due lunghi pontili di legno, che correvano paralleli a quello centrale di cemento armato.

Sulla spiaggia erano invece presenti 100 casotti di lusso, e verso la riva circa 150 ombrelloni particolari coperti, chiamati appunto ‘tende Roma’.

Il monumentale ingresso allo stabilimento Roma

L’entrata sul lungomare era caratterizzata dalla grande facciata, lunga quasi 60 metri, alta circa 13 metri, simile a quella del Frigidarium delle Terme di Caracalla, che era preceduta da una scalinata; tre alte arcate conducevano al grande salone interno, queste erano affiancate da quattro pilastri in cemento armato, sormontati da altrettante copie di statue romane classiche. L’esterno delle volte degli archi e i pilastri di cemento erano decorate a livello del cornicione da una serie di protomi di lupa in bronzo, copie di quelle ritrovate nelle navi di Nemi. All’interno le volte avevano un soffitto a cassettoni in cemento.
Lateralmente, il grande corpo di fabbrica era raccordato a due padiglioni da un basso muro concavo, che ospitava le biglietterie e aveva tre finestre, i corpi laterali avevano un tetto a spioventi e una grande finestra termale, con transenne, che affacciava sul lungomare, al loro interno erano presenti buffet, caffè, bar, sale di lettura, scrittura e ufficio postale; oltre a questi due corpi furono costruiti altri due edifici, che contenevano un cinema e un teatrino di marionette. Alle estremità della scalinata si innalzavano due aste portabandiera di ferro, su una base di marmo.

Il salone del ristorante aveva grandiosi soffitti, decorati con stucchi e dipinti, tutte le porte finestre conducevano ai terrazzi

Superate le tre arcate si apriva un ingresso, costituito da una finestra termale, poggiante su due colonne doriche scanalate, da quì si arrivava alla grande sala del ristorante.
Questa si alle Terme di Caracalla, si sviluppava su tre arcate longitudinalmente e una sui lati brevi, le grandi volte, decorate di stucchi geometrici in rilievo, poggiavano su robuste colonne con capitello corinzio scanalate. Le pareti laterali e parte della volta, erano state afrescate dal pittore Antonio Calcagnadoro, in stile pompeiano. Le finestre superiori erano di tipo termale, con transenne esagonali.

Veduta dello stabilimento Roma dalla spiaggia

Il fronte lungo la spiaggia presentava tre grandi arcate, contenenti finestre termali su due colonne doriche, superiormente altre finestre erano seguite da un cornicione spezzato.

Accanto al maestoso corpo principale erano presenti quattro corpi laterali, due per lato, di cui i più vicini avevano una grande finestra termale sulla facciata, gli estremi, contenenti il cinema e il teatro di marionette si presentavano con un portico di quattro colonne doriche.

Particolare della terrazza sul mare dall’edificio che ospitava il teatro delle marionette e il cinema

Una grande terrazza, con balaustra a transenna, si affacciava verso il mare, quattro colonne doriche sormontate da vittorie alate di bronzo, scolpite da Mario Bucci, la impreziosivano. Dalla terrazza partiva il pontile che conduceva alla rotonda a mare.

Vista della rotonda a mare e del pontile dalla terrazza
Sulla rotonda a mare si elevava il grande edificio del Ristorante, simbolo dell’intero stabilimento e di Ostia stessa.
Questo era costituito da due sale a pianta circolare sovrapposte: una sala da pranzo al piano inferiore e una per le feste in quello superiore.

La rotonda a mare con il Ristorante appena inaugurato

Esternamente la facciata era molto articolata, caratterizzata da un susseguirsi
di grandi finestre termali, finestre quadrangolari transennate e rampe di scale
che portavano ad una grande terrazza circolare. Sulla terrazza si affacciavano le finestre termali, al secondo livello, della grande sala da pranzo e si innestavano i grandi otto archi rampanti, che sostenevano il tamburo della cupola e che terminavano in grandi pilastri, su cui era posta una copia della Vittoria Alata, scolpita dallo scultore Mario Bucci.

Vista verso Ostia dal terrazzo del I livello dell’edificio del Ristorante, a destra si vede la copia della Vittoria Alata su uno dei pilastri
Paolo Orlando con la Vittoria Alata nel 1912
Il tamburo della cupola ospitava altre finestre termali, che illuminavano la sala da ballo, e l’ultima terrazza circolare. La cupola, di aspetto bizantino, poggiava su una serie di archetti bassi, rinforzati in cemento armato, ed era costituita da arcate di ferro rivestite in rame.

Come l’edificio sul lungomare, così i vari pilastri della cupola erano decorati con copie della lupa delle Navi di Nemi in bronzo. L’interno della cupola era rivestito a cassettoni di legno.

La cupola del Roma durante la visita di Mussolini e Ismet Pasha nel 1932 (foto Istituto Luce)

L’interno era occupato da una grande sala circolare, del diametro di 24 metri, che ospitava il ristorante, altre piccole sale adiacenti ospitavano le cucine, le dispense e alcuni uffici.
La sala era delimitata da arcate a tutto sesto, decorate con paraste corinzie, dietro le arcate si aprivano le porte finestre che davano sul mare. Superiormente si aprivano delle finestre termali transennate.

Interno della sala del Ristorante

Superiormente era presente una sala per le feste e per il ballo, del diametro di 12 metri, era delimitata da una serie alternata di finestre termali, superiormente si elevava la cupola, rivestita di cassettoni di legno, simile a quella del Pantheon.
La bellezza e la versatilità dello Stabilimento Roma lo resero protagonista della vita mondana di Ostia e Roma, spesso il capo del Governo vi si recò in visita, come quando nel 1932 il ministro Ismet Pasha e alti funzionari turchi fecero una visita allo stabilimento. Inoltre fu teatro di varie manifestazioni sportive e di trasvolate aeree.

Ismet Pasha e Benito Mussolini allo stabilimento Roma il 29 maggio 1932

La fine del Roma fu segnata nel 1943, le truppe Tedesche infatti minarono le strutture, per impedire di facilitare un possibile sbarco alleato. Lo stabilimento fu fatto saltare nella notte tra il 12 e il 13 dicembre. Soltanto le colonne con le vittorie alate e il pontile rimasero in piedi.

Le macerie dello stabilimento dopo l’esplosione
Il colonnello Americano Charles Poletti, con il Sindaco Filippo Andrea Doria Pamphilj, sulle rovine del Roma, nel 1944

Le macerie furono rimosse negli anni Cinquanta, ancora oggi sono presenti le basi dei piloni della rotonda nel fondale marino. Sarebbe giusto, per Ostia e per Roma, che questo splendido manufatto venga al più presto ricostruito, per tornare ad essere il simbolo del Lido di Roma.

Bagnanti tra le macerie del Roma negli anni cinquanta

 


 

Alberto Panfilo

Amministratore Delegato (CEO) presso Europa Gestioni Immobiliari S.p.A. – Gruppo Poste Italiane

Laureato in architettura presso l’Università La Sapienza

Professore Master in Corporate Finance & banking – Major in Real Estate FinanceProfessore Master in Corporate Finance & banking – Major in Real Estate Finance

Direttore Asset Management FIMIT · A tempo pienoset 2009 – feb 2011 

CBRE Italy

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