RIVEDERE LA STRADA DELLA CITTÀ – FRANCESCA PEZZELLA

LE STRADE DI ROMA E LA QUALITÀ URBANA 

 di 

Francesca Pezzella

La costruzione della qualità urbana è un progetto ambizioso che implica la conoscenza di ciò che dovrebbe rappresentare la vivibilità della nostra città.

Oggi abbiamo strumenti, normative ma non metodi omogenei territorialmente per applicarle.

Pensiamo sicuramente alle aree periferiche ed a quelle centrali, senza farne un discorso puramento edilizio-architettonico, di tutela, dei monumenti…ma di sistemi funzionali connessi al commercio, alle attività imprenditoriali ed a quello che definisco lo scheletro portante delle città ossia ‘la strada’.

Partendo dall’ultimo aspetto è senza dubbio necessario chiarire che la classificazione delle strade non puòpiù solo dipendere dalla larghezza delle carreggiate con o senza i marciapiedi, ma dalle funzioni che essa prevede.

‘Il regolamento viario e classifica funzionale delle strade urbane di Roma capitale’ del. A.C. n.21/2015 spiega con dimensioni, casistiche ed elementi di arredo urbano le varie componenti stradali e le funzioni che ivi posso essere svolte legate anche al commercio, ma va aggiornato per rispondere alle esigenze di emissione zero e ‘vivibilità urbana’ richieste dalle nuove normative europee. Si va verso un processo di graduale sostituzione dei mezzi più inquinanti con mobilità sostenibile, auto elettriche, biciclette, monopattini, rotaie…ciò implica che le funzioni previste su una strada e relativi marciapiedi (anche se la definizione di sezione stradale già li include) devono garantire in primis la sicurezza dei loro fruitori tramite l’applicazione di normative di controllo con limiti di velocità adeguati, di accessibilità con sistemi loges integrati all’abbattimento delle barriere architettoniche e sicuramente ‘ordinaria’ manutenzione stradale.

Tutto ciò si inquadra in un più vasto scenario europeo che menziona già all’avanguardia paesi come la Spagna e la Francia, dove gli studi di densità abitativa, di traffico e relativa usura del manto stradale, di flussi ‘abituali e non’ socio-economici hanno fatto emergere criticità su determinati assi viari ad alto o basso scorrimento portando ad una graficizzazione delle strade con diversi limiti di velocità  consentiti, e di conseguenza funzioni permesse con un maggior grado di sicurezza.

Altro aspetto da non sottovalutare è quello della logistica relazionata alla mobilità sostenibile. ‘In piano urbano 2 consegne su 3 si possono fare in bicicletta invece del furgone’… studi realizzati dall’università di Bruxelles in collaborazione con la Commissione Mobilità ha evidenziato che il 68% dei viaggi per le cosegne logistiche potrebbero essere effettuate con cargobike che possono caricare fino a 150kg, come già stanno sperimentano molti corrieri internazionali nei centri storici italiani dando anche uno stimolo alla riconversione ad hoc di edifici  abbandonati o all’asta localizzati in posizioni agevolmente accessibili anche con le biciclette: un bisogno di città nuovo molte volte difficilmente realizzabile quando i tessuti storici edificati hanno una rilevanza socio-culturale predominante rispetto allo ‘spazio urbano’.

L’esperienza europea che risponde al “bisogno di citta diffusa e recupero dello spazio urbano e’ quella di Amburgo che gia’ nel 2011 vantava il titolo di “capitale europea verde”. Wilhelm Schulte (Direttore generale della Pianificazione) e Jorn Walter(direttore del settore architettura della municipalita’) in una intervista con Caroline Fuchs parlano di “more city in the city” e “offensiva per gli spazi aperti”, confermando le linee base dello sviluppo urbano dellacitta’ definite anni addietro dal cosidetto Federplan(“il piano delle piume”)con cui Fritz Schumacher sanciva un principio basilare: l’idea di una sviluppo orientato lungo i principali assi urbani, che attraversando spazi intermedi arrivavano a prendere in considerazione l’intera regione.Assistiamo ad una cooperazione con la regione metropolitana, con i Comuni e con le Province, e’ stato altresi’ istituito “un laboratorio urbano” con cui prende vita il dialogo cittadino e contemporaneamente viene rafforzato il livello di consenso delle decisioni politiche. “L’obiettivo guida e’ “Piu’ citta’ nella citta’”, una espressione molto semplice che incuriosisce ed e’ capace di suscitare un consenso molto ampio: significa che vogliamo avere piu’ citta’ nella citta’ e non al contrario piu’ citta’ nella campagna…Se riusciamo a seguire questo obiettivo non verranno ammessi insediamenti nel verde, preferendo addensare il tessuto urbano esistente e conservando il paesaggio e gli spazi aperti all’interno della citta’…“Amburgo citta’ residenziale, perche’ e’ necessario rendere piu’ attraenteil contesto abitativo, in modo che icittadini non tendano a trasferirsi nelle aree periurbane delle citta’… La citta’ e’ sempre di piu’ uno spazio vitale e dobbiamo puntare sullaconservazione della qualita’ urbana e sulla valorizzazione e riqualificazione degli spazi apertiMa tutto cio’ si puo’ attuare tramite “l’offensiva per gli spazi aperti” ossia prima di addensare la citta’ e’ necessario migliorala servono spazi aperti di qualita’, sia verdi che non, coinvolgendo anche l’economia residenziale per connettere in modo migliore gli spazi privati con quelli pubblici, per perfezionare la permeabilita’dello spazio urbano ed alzarne il livello.” (cit. Wilhelm Schulte). Sicuramente l’esperienza di Amburgo e’ esemplare poiche’ ha evidenziato che grazie al dialogo cittadino ed a una visione extraurbana e’ possibile intervenire contemporaneamente con qualita’ sullo spazio pubblico, sulle aree verdi, sulla edilizia residenziale,  sulla riconversione di aree industriali troppo inquinanti in attivita’ di logistica (specialmente nella zona portuale che pur a distanza di 100km. e’ considerata area di espansione di Amburgo).

Proviamo ad immaginare di applicarequeste linee guida appena descritte al territorio di Roma con cui Amburgo ha molte similitudini geolografiche partendo da una maggiore vicinanza con il mare (appena 30km.), dagli assi principali che dal centro attraversano tutta l’area metropolitana, dai vari satelliti edificati  diffusi sul territorio ed affrontiamone le varie criticita’ con un quesito: una migliore qualita’ dello spazio urbano puo’ aiutare a ripopolare quei contesti socio-economici che maggiormente hanno bisogno di “more city in the city”? Una maggiore permeabilita’ tra spazio pubblico e privato e relative funzioni svoltepuo’ aiutare ad innalzare il livello di vivibilita’ e di sicurezza del contesto urbano?

Proviamo ad analizzare l’ asse viarioViale Aventino con la sua mixitè funzionale.

Viale Aventino è un esempio di strada principale definita tale dalla larghezza delle sue 2 carreggiate con al centro il tram, percorsa dagli autobus e dalla linea metropolitana, con marciapiedi di circa 6m. dilarghezza con al centro il sistema loges e rientrante in un Piano di massima occupabilità: una strada ‘ingessata’ potremmo pensare? No, negli ultimi mesi vi hanno realizzato con i fondi Pon anche la pista ciclabile su ciascuna carreggiata che potrebbe assorbire anche il sistema di smistamento logistico con le cargobike, e con l’emergenza covid sono state rilasciate concessioni OSP per il commercio con pedane su sosta tariffata: mi domando se, viste le aumentate funzioni su questa sezione stradale, non fosse il caso di ‘declassarla’ da principale con medio/alto scorrimento imponendo un limite di velocità basso per garantire la sicurezza anche agli aggiunti fruitori che sfrecciano con monopattini e biciclette?

Consideriamo ora le strade connotanti lo spazio del centro storico, alcune non hanno neanche il marciapiede e la sezione ridotta non sempre consente la funzione ‘somministrazione’ all’aperto suggerita da questo periodo emergenziale covid: come possiamo salvaguardare quelle attività storiche che vivono del loro nome tramandato di padre in figlio che hanno la sfortuna di non potersi rendere visibili con OSP perchè l’assetto viario del centro storico non lo consente? Per questesituazioni servono deroghe ad un regolamento del commercio bloccato a volte dal Dipartimento della Mobilità o addirittura valutare pedonalizzazioni, incrementare aree  di parcheggio aperto o chiuso come quella di Via Giulia.

Altro discorso è quello periferico, ilcosidetto suburbio, così definito dal Catalogo dell’arredo urbanocommerciale. Nella viabilità suburbana (non in tutta fortunatamente) è facile trovare tutti gli elementi descritti nel ‘Il regolamento viario e classifica funzionale delle strade urbane di Roma capitale’ ma realizzati senza un metodo, un criterio, si vedono ad esempio sistemi loges che terminano sui muri, pedane per Osp con dehors ‘attaccate’ ai semafori…non è facile, la normativa è tanta e talvolta contradditoria, e forse solo le norme di emergenza covid e quindi transitorie sono state semplificate in pochi articoli…ma finita l’emergenza covid, il 31 dicembre, procederemo con deroghe? Il rilancio della nostra città parte anche dalla riappropriazione e fruizione degli spazi pubblici, con l’ausilio di una amministrazione competente bisogna dialogare con il Dipartimento Mobilità, i Ministeri di Tutela, i municipi e gli Enti preposti al Commercio per risolvere le situazioni ingessate dall’applicazione di normative troppo stringenti in generale e nello specifico non adatte per uscire da una crisi pandemica che ha distrutto l’economia di tutto il Paese. Servono deroghe, semplificazioni, tutela delle attività imprenditoriali storiche che non riguardino solo l’aspetto culinario (‘Tradizione della Cucina Romanesca’ mozione ex art.58), sicurezza nella fruizione degli spazi pubblici, serve un Sindaco che guardando all’esperienza di Amburgo parta anche dal consenso cittadino per attuare le sue scelte politiche per evitare che vi sia uno spopolamente delle aree urbane mal gestite” sia centrali che periferiche, che abbia come obiettivo futuro solo manutenzione ordinaria perchè noi cittadini non possiamo più accettare che ogni singola cosa venga fatta in maniera straordinaria!

 

 

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