Una “moratoria” e figure di alto livello con poteri straordinari e una grande Conferenza sul futuro – Linda Lanzillotta

Occorrono  una sorta di “moratoria” politica nel corso della quale uno o più figure della massima competenza ed esperienza che si impegnino a non candidarsi alla fine del loro mandato, abbiano dallo Stato tutti i poteri   necessari a risolvere le emergenze  e una grande Conferenza sul Futuro di Roma

 

Come potrà Roma riprendersi dal degrado in cui è scivolata e che, inesorabilmente, si aggrava giorno dopo giorno? Un degrado progressivo che chi vive la città vede nelle piccole e nelle grandi cose. Non solo gli enormi cumuli di “monnezza” che anche da lontano ti avvolgono in un orribile fetore e che, nella giornate ventose, ti costringono ad attraversare mulinelli di cartacce sporche che sfiorano i tuoi abiti e rischiano di arrivarti in faccia; non solo un sistema di trasporti al collasso che incide sul lavoro e sulla vita dei cittadini ormai impossibilitati a programmare la loro giornata; non solo le buche che mettono a rischio l’incolumità di cittadini e scooteristi. Non solo tutto questo – che già basterebbe – ma, ciò che più è grave, a Roma si percepisce un degrado civile, un sentimento di sfiducia nel futuro, un senso di ineluttabile rassegnazione al declino e in molti, soprattutto giovani, la voglia, quasi l’urgenza, di andare altrove.

Oggi, la profondità della crisi è tale da far mettere in dubbio che si possano ritrovare le energie necessarie perché la città si risollevi. A differenza di un altro momento drammatico vissuto da Roma e dalla sua comunità nel recente passato, e cioé quello seguito a tangentopoli negli anni Novanta, oggi non si vede all’orizzonte una nuova classe dirigente che abbia la legittimazione, la capacità e la voglia di lavorare alla ricostruzione della città . Che al contrario appare soffocata dalla morsa di una criminalità diffusa, ormai infiltrata in tutti i gangli della vita economica e sociale di Roma.

 

In questo quadro drammatico si è riaperta la discussione sui poteri della Capitale che, secondo alcuni, andrebbero potenziati nel quadro delle norme per l’attuazione del federalismo differenziato e che potrebbero costituire la panacea di tutti i mali. Personalmente ritengo che il tema, in questo momento, sia una potente arma di distrazione di massa e un alibi per non cimentarsi con i veri problemi che vanno affrontati e risolti. Problemi che potevano e possono essere affrontati e risolti con i poteri ordinari. Solo che lo si voglia e che ci sia una politica capace di assumersi le responsabilità che le competono.

Non dimentichiamo che l’introduzione del nuovo ordinamento di Roma Capitale con l’adozione dei decreti attuativi della norma introdotta in Costituzione nel 2001 era stata la bandiera sventolata dal Sindaco Alemanno che li ottenne rivendicandoli come un grande successo per coprire i pessimi risultati della sua sindacatura molti dei quali sono, peraltro, all’origine della situazione attuale di degrado.

 

Ciò che serve a Roma oggi è a mio avviso l’esatto contrario: non già potenziare l’autonomia e l’autoreferezialitá di un sistema che appare con tutta evidenza incapace di progettare il proprio futuro e di gestire le emergenze del presente (penoso è stato assistere allo scaricabarile tra Comune e Regione sulla localizzazione della indispensabile discarica!!) , ma “nazionalizzare” il problema della rinascita della Capitale. Roma non è (solo) un problema di Roma ma è un problema dell’Italia che non può permettersi di abbandonare a se stessa la propria Capitale, una Capitale che rimane infungibile : innanzi tutto per la sua posizione geografica, centrale tra Nord e Sud, ma soprattutto per ciò che essa rappresenta nella storia e nel mondo. Un concentrato di cultura, di competenze, di valori di cui oggi, tanto più siamo immersi nell’economia e nella società digitale e nell’avvento dell’intelligenza artificiale tanto più abbiamo bisogno per far sopravvivere quell’umanesimo che ci deve guidare nell’era della rivoluzione tecnologica. Una capitale forte che, in un sistema sempre più ‘federale’ deve essere un polo aggregante e di riconoscibile identità per tutto il Paese.

 

Per questo occorre mobilitare le migliori energie italiane e internazionali per (ri)costruire una visione condivisa del futuro di Roma, della sua missione nel primo secolo del nuovo millennio: città mediterranea, centro della cristianitá e del dialogo interreligioso , dell’arte e del turismo, sede di un incredibile numero di università e di centri di ricerca da connettere con il sistema produttivo, una città di cui ridefinire lo sviluppo urbanistico e nuovi progetti di architettura contemporanea, ma anche per programmare la transizione ad un’ economia circolare, digitale e decarbonizzata salvaguardando i valori umani e sociali di cui è intrisa la nostra cultura.

Una grande sfida che oggi, in assenza di un governo della Capitale in grado di pensare, solo il Governo nazionale può a mio avviso lanciare organizzando, ad esempio, una grande Conferenza Internazionale sul futuro di Roma capitale e in quel contesto affrontare anche la questione istituzionale.

 

Ma intanto cosa succede di Roma e dei romani? Il rischio è che la campagna elettorale per il nuovo sindaco che si aprirà tra qualche mese possa diventare ancora la fiera delle promesse impossibili. Perché negli anni si è rivelato impossibile che il Consiglio comunale, dove ogni consigliere è eletto con poche centinaia di voti, approvasse la liberalizzazione dei trasporti e la modernizzazione della gestione dei rifiuti che richiederebbe un assetto dell’AMA assai diverso dall’attuale. E invece abbiamo visto le posizioni assunte dai partiti romani sul referendum promosso dai radicali sul trasporto pubblico della Capitale.

L’obiettivo dei prossimi anni invece dovrà essere quello di rimettere a posto i fondamentali della città senza i quali sarà impossibile guardare al futuro, attrarre nuove energie intellettuali, manageriali e nuovi investimenti. Bisogna che trasporti, gestione dei rifiuti, strade, scuole, tornino a funzionare. In una Roma ridotta allo stremo, come oggi dobbiamo riconoscere che a Roma nessuno viene e tutti scappano.

 

La mia opinione è che questi problemi, sempre difficili da gestire, ora sono diventati pressoché impossibili e che la politica romana non abbia la forza e la capacità di fare le scelte che la soluzione dei problemi esige.

ATAC e AMA sono diventati dei mostri che succhiano denaro, fagogitano manager e danno ai romani debiti e tasse sempre più esose. Occorre una sorta di “moratoria” politica nel corso della quale uno o più figure della massima competenza ed esperienza, che si impegnino o a non candidarsi alla fine del loro mandato, abbiano dallo Stato tutti i poteri   necessari a risolvere le emergenze di Roma. Credo che se i cittadini venissero consultati questa ipotesi sarebbe approvata a larghissima maggioranza. E sono convinta che il lavoro di questa gestione emergenziale vedrebbe il coinvolgimento e il sostegno della cittadinanza romana ormai esasperata da una politica inconcludente e spesso corrotta.

Solo dopo un lavoro di pulizia e di risistemazione radicale e profonda sarebbe possibile parlare del futuro e di una nuova progettualità. Si obietta che si tratterebbe di una soluzione tecnocratica, non democratica, distante dai cittadini? Certo sarebbe una scelta amara fondata sulla constatazione del fallimento della politica romana. Ma basta guardare alle due ultime opportunità date alla città e alle sue istituzioni democratiche di rimettersi in piedi e ripartire: parlo dei decreti Salva Roma. Risorse straordinarie associate ad azioni di risanamento profondo.

È stato fatto qualcosa? Quasi nulla. Non credo che in nome del rispetto delle prerogative ( e del sistema di potere) dei partiti romani si possano far pagare ai cittadini altri prezzi in termini di impoverimento, di degrado fisico e morale della città, di sparizione o trasferimento di imprese, di impoverimento patrimoniale derivante dal calo del valore degli immobili che mentre tendono a risalire in altre grandi città a Roma rimangono ai livelli della grande crisi, in termini di fuga di coloro che potrebbero lavorare per il futuro.

Se vogliamo evitare la desertificazione e l’inaridimento di Roma e delle sue grandi risorse di intelligenza, di creatività, di solidarietà, bisogna intervenire al più presto. A condizione però che si guardi in faccia la realtà in tutta la sua durezza e drammaticità e si agisca di conseguenza.

 

 

Linda Lanzillotta

Presidente Glocus, think tank di cui è fondatrice,  Membro dell’Executive Board di Women Political Leaders Global Forum,  Membro del Board della Fondazione RomaEuropa Festival,  Membro del Conseil d’Orientation dell’Institut pour les Relations Économiques France – Italie (IREFI) con sede a Parigi.

Vice Presidente del Senato della Repubblica fino a Marzo del 2018 . Dal 2013 al 2018: Senatrice del Gruppo del Partito Democratico Dal 2006 al 2013: Membro della Camera dei Deputati eletta nelle liste del PD.  Dal 2006 al 2009; Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie locali nel Governo Prodi.  Dal 2001 al 2005: Docente di Programmazione e Controllo delle Pubbliche Amministrazioni presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Roma Tre e presso la Scuola di Specializzazione in Studi sull’Amministrazione pubblica della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna. Assessore alla programmazione finanziaria del comune di Roma nella giunta Rutelli.

 

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Una risposta

  1. Raffaele Minelli ha detto:

    Raffaele Minelli : Articolo condivisibile per l’analisi della situazione della capitale e per l’individuazione delle priorità degli interventi da mettere in campo, condivisibile anche nelle critiche al basso livello della classe amministrativa. Non condivisibile nella scelta di un supercommissario con poteri eccezionali. Infatti così si da per scontata l’incapacità della politica locale di scegliere amministratori competenti come fecero in modo esemplare Rutelli e soprattutto Veltroni con risultati per lo sviluppo della capitale che oggi rimpiangiamo.

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